Come si
sorpassa Bersani
25 Ottobre 2012
di CLAUDIO
CERASA su Il Foglio 25 Ottobre 2012
Il viaggio di Renzi, i segreti della fase due, il
senso della nuova rottamazione. Cronaca e parole di un giorno in camper con il
sindaco di Firenze
Ecco. E ora? Che succede? Come funziona? Come si
procede? E su cosa si punta? E come ci si muove? E cosa si dice? E come si
insegue? E come si rimonta? E i contenuti? Che dite? Meglio la comunicazione o
meglio le idee? Meglio i ricorsi o meglio i sorrisi? Meglio essere aggressivi o
meglio andare per la propria strada? Meglio attaccare a testa bassa o meglio
correre per i fatti propri? E soprattutto: meglio continuare con la storia della
rottamazione o meglio non nominarli più i vari Massimo D'Alema, i vari Walter
Veltroni, i vari Franco Marini, le varie Anna Finocchiaro, le varie Rosy Bindi
e parlare davvero di altro? Insomma, in altre parole: e adesso, che si fa?
Vercelli, lunedì ventidue ottobre. Matteo Renzi arriva poco dopo l'ora di
pranzo di fronte ai portici del Bar Italia, a pochi passi dall'antico foro
romano della vicina piazza Cavour. Il sindaco di Firenze scende rapidamente le
scalette del camper, stringe al volo un paio di mani, sorride di fronte ad
alcuni flash, risponde a qualche domanda, saluta la folla alzando il pollice
della mano destra, poi si infila sotto le arcate che circondano il bar più
famoso della città, impugna il microfono, si scusa per il ritardo, ringrazia i presenti,
saluta i comitati, omaggia i vercellesi e quindi, per una buona mezz'ora,
inizia a parlare. Sono le 15.30, Renzi arriva da una lunga giornata in giro per
il nord Italia: in mattinata è stato a Torino alla sede della Stampa (ore 9.00,
videoforum), poi in Val d'Aosta (ore 11.30, Arnad), quindi di nuovo in Piemonte
(Biella, ore 13.30); e dopo Vercelli ha un programma ancora fitto con arrivo ad
Asti alle 18.00 (teatro Alfieri), con tappa a Genova alle 21.30 (teatro
Stabile), con rientro previsto a Firenze, sempre in camper, intorno alle 4 di
notte, e con sveglia presto la mattina successiva per andare prima a fare
visita a una scuola elementare della sua città (ore 10.30) e poi per partire in
aereo (alle 15) e continuare il suo tour in Sardegna.
A Vercelli, dove Renzi fa uno dei suoi rari discorsi
all'aperto e non in teatro, il sindaco di Firenze arriva dopo quarantuno giorni
in camper (e 90 mila euro raccolti con la sola raccolta di soldi on line) e
arriva soprattutto in una fase delicata della sua campagna elettorale. Renzi sa
che la fase della rottamazione si è in parte esaurita grazie alle auto
rottamazioni annunciate da Massimo D'Alema e da Walter Veltroni e da molti
altri, e da qualche giorno a questa parte il Rottamatore ha chiesto una mano al
suo piccolo entourage (oltre ai volti più noti che fanno parte del cerchio più
ristretto del sindaco, Luigi De Siervo, Marco Carrai, Giorgio Gori, Giuliano da
Empoli, tra i politici maggiormente ascoltati in questi giorni da Renzi ci sono
Pietro Ichino e Paolo Gentiloni) per studiare rapidamente la strategia giusta
per continuare la rincorsa e arrivare al 25 novembre, data delle primarie, con
le gambe buone per mettersi in scia e magari azzardare davvero il sorpasso.
Già, ma come? Lo abbiamo chiesto direttamente a Matteo Renzi: abbiamo passato
una giornata con lui, lo abbiamo accompagnato per tutto il suo tour tra
Piemonte e Liguria e in tutte queste ore abbiamo cercato di capire qualcosa di
più sulla famosa fase due della sua campagna. Renzi, in realtà, non ha ancora
una strategia precisa: ha alcune idee sì, alcuni stimoli, alcuni imput, alcune
tracce, alcuni assi nella manica, una sorpresa per il prossimo 15 novembre e un
paio di dubbi che proverà a risolvere prima della fine del suo giro in camper
(31 ottobre), prima della prossima Leopolda (1517 novembre) e soprattutto prima
che i sondaggi continuino a essere così simili a quelli ricevuti tre giorni fa,
pochi minuti prima di infilarsi sotto i portici del Bar Italia. I sondaggi,
già.
Ogni lunedì pomeriggio Renzi riceve sulla casella di
posta elettronica una serie di rilevazioni commissiona- te al sondaggista
Fabrizio Masia e ogni lunedì il sindaco cerca di capire insieme con la sua
squadra le ragioni di quei numeri. I numeri fino a qualche settimana fa indicavano
una lenta e costante progressione di Renzi in tutte e due le categorie di
elettori interpellati dal sondaggista (sia la categoria che comprende gli
elettori sicuri, sia la categoria che comprende gli elettori sicuri e quelli
ancora incerti ma probabili) ma questa volta, per la prima volta dallo scorso
13 settembre, giorno della discesa in campo del sindaco a Verona, i sondaggi
fotografano non più una scalata bensì una caduta del Rottamatore - che oggi
sarebbe a meno otto punti da Bersani tra gli elettori certi e solo a più uno
dal segretario sommando anche gli elettori ancora in dubbio, il tutto dopo
essere stato a "più tre "una settimana dopo Verona (37 a 34) e dopo
essere arrivato addirittura a "più sei "lo scorso 28 settembre (38 a
32). Ecco, appunto. E adesso che si fa? Renzi sostiene che il calo nei sondaggi
sia legato a due ragioni di fondo. Da un lato l'attacco ricevuto dalla coppia
Vendola-Bersani sulla storia delle Cayman e dall'altro la complicazione della
partita relativa alle regole per le primarie (che avrebbe di fatto
disincentivato gli elettori incerti a prendere in considerazione l'idea di
andare a votare ai gazebo, ma su questo punto il sindaco di Firenze è molto
ottimista rispetto al verdetto dei garanti del Pd ai quali ha ricorso due giorni
fa per fare chiarezza sulle regole di ingaggio).
Inoltre, Renzi è convinto che il calo sia destinato ad
aggravarsi nei prossimi giorni grazie alla "fiche d'autorevolezza
"che Bersani si sta giocando in questa settimana attraverso gli incontri
programmati con alcuni tra i massimi leader europei (martedì scorso con Sigmar
Gabriel, segretario dell'Spd; domani con Francois Hollande, presidente
francese). E per questo il sindaco non fa che ripetere ai suoi collaboratori di
non preoccuparsi, che il calo è normale, che ci sta, e che bisogna tenere
botta, non farsi intimorire e semplicemente prepararsi a reagire puntando
forte, tra le altre cose, sulle due tappe più importanti di questa fase finale
del suo tour in camper (Firenze, giovedì, Palazzetto dello sport, 7 mila
persone previste; e Milano, lunedì, teatro dal Verme, 2 mila persone previste).
E poi? "E' una fase delicata-dice Renzi rientrando rapidamente in camper
da piazza Cavour a Vercelli mentre con una mano afferra e sbuccia una banana e
con l'altra dà una rapida scrollata alle agenzie sull'iPhone rischiando, tra
una buca e un'altra e tra una curva e un'altra, di rovinare addosso a un
gigantesco poster appeso all'ingresso, con le foto di don Camillo e Peppone-lo
so, ci giochiamo molto nelle prossime ore ma non sono preoccupato. Gli ultimi
dieci giorni della campagna elettorale, che saranno poi quelli decisivi, li
abbiamo già preparati e prima e dopo la Leopolda abbiamo un paio di sorprese
che ci giocheremo, e sono convinto che faremo il botto.
Nei prossimi giorni invece la mia idea è semplice ed è
quella di continuare a raccontare a chi mi ascolterà una fase nuova della
rottamazione. Una fase cioè che non riguarda più soltanto il ricambio della
vecchia classe dirigente ma che riguarda l'affermazione di un principio che io
considero centrale: rottamare la vecchia sinistra conservatrice e per certi
versi integralista e talebana che in tutti questi anni ha contribuito a far
male al nostro paese e a convincere un intero schieramento politico che l'unica
scelta possibile per la nostra parte politica è quella di inseguire una
vocazione non maggioritaria ma eternamente minoritaria". Renzi fa una
pausa, risponde al telefono, afferra una manciata di Pringles, sgranocchia un
paio di tarallucci, si toglie la camicia, si infila una slabbrata maglietta
grigia del circolo canottieri Firenze, poi risponde via sms a Piero Fassino
(che lo aveva chiamato otto volte), ringrazia al telefono Oscar Farinetti (che
domenica gli ha organizzato a Torino un maxi evento al PalaOlimpico, 5 mila
persone), chiede cortesemente alle ragazze del suo staff di non raccontare a
Farinetti quello che mangia di pomeriggio in camper, domanda quanti chilometri
mancano ad Asti, passa un foglio di carta ai due sindaci che lo hanno
accompagnato lungo il tour in Piemonte e in Liguria (Federico Berruti, sindaco
di Savona, e Andrea Ballaré, sindaco di Novara) e infine chiede a entrambi di
dargli qualche consiglio su alcuni temi da affrontare nelle due tappe
successive. Prima di Asti ci sono ancora circa 50 chilometri da percorrere e il
sindaco di Firenze ha ancora qualche minuto per noi. Dicevamo: e adesso che si
fa? "Io-dice Renzi mentre si fa passare una confezione di biscotti Tuc
dall'operatore che lo segue con la telecamera ogni giorno da quando è cominciato
il tour, non sopporto chi mi accusa di voler spaccare il partito. Io al Pd
voglio bene davvero, e ripeto sempre, cosa che invece non sento fare a molti
miei avversari, che se questa mia avventura non dovesse trasformarsi in una
vittoria sono pronto a dare una mano senza chiedere premi di consolazione.
Vedete: io non faccio la guerra a nessuno, faccio una battaglia di idee e
intendo andare avanti in questo modo: e poi sinceramente in questa fase mi
sembra che sia qualcun altro che minaccia di spaccare il partito, non certo io.
Detto questo, appunto, che fare ora? Io credo ci siano
alcune cose importanti da fare e ci sono alcune cose sulle quali mi piacerebbe
caratterizzarmi ancora di più. In tanti mi suggeriscono di cominciare ad
attaccare il mio segretario per raccogliere qualche voticino in più ma questa è
una tattica che non sento mia, e la verità è che la mia idea oggi è quella di
continuare a fare quello che ho fatto finora. In ciclismo la chiamerei una
specie di cronometro individuale, nella pratica direi che ho intenzione di
continuare a gareggiare così contro tutti e senza badare troppo alle
performance degli altri sfidanti. Ci sono io, c'è il mio viaggio, ci sono le
mie idee e quello che fanno e dicono gli altri mi interessa fino a un certo
punto. Ecco: questa è la premessa, poi per? viene tutto il resto". E tutto
il resto per Renzi significa due cose in particolare. "Primo-aggiunge il
sindaco mentre continua a spulciare alcuni sondaggi-sulla rottamazione bisogna
andare avanti nel senso che bisogna far capire che il ricambio è appena
cominciato e che non bastano gli addii dei Veltroni e dei D'Alema a scardinare
una classe politica imbullonata. Secondo: sul ricambio generazionale, mi
piacerebbe che venisse alla luce la ragione per cui io considero questa classe
dirigente-del centrosinistra e non solo-il simbolo del fallimento di una
generazione di politici. Un fallimento che nasce a mio avviso per due ragioni.
La prima è che se la Seconda Repubblica è finita così è perché c'è stata una
certa sinistra che in tutti questi anni non ha saputo combattere con le giuste
armi Silvio Berlusconi: e se l'Italia che vediamo oggi si ritrova in queste
condizioni la colpa va divisa in parti uguali tra chi ha governato e chi non è
riuscito a creare le alternative al cattivo governo. La seconda ragione
riguarda invece un fallimento elementare. La generazione di cui fa parte
l'attuale classe dirigente del Pd è infatti la generazione che ci ha portato ad
avere il debito pubblico che ci ritroviamo oggi. E in questo senso, per me, la
parola 'debito' va intesa come la intendono i tedeschi, come un'unica
parola-schuld-che significa contemporaneamente debito e colpa. Ecco. Per me è
una colpa di tutta la classe dirigente di centrodestra e di centrosinistra
quella di aver costretto il paese a spendere ogni anno per gli interessi del
debito pubblico più soldi di quanti se ne spendono per la scuola e per il
welfare, e insomma più di quanti se ne spendono per dare un futuro ai nostri
figli e ai nostri nonni. Per questo noi ci presentiamo alle primarie senza
dover portare alcuna giustificazione e senza aver bisogno di spiegare, come
invece devono fare i miei avversari, perché il paese che qualcuno da vent'anni
promette di rimettere a posto è da vent'anni che non viene mai rimesso a posto.
E non ditemi che la colpa è solo di Berlusconi, suvvia, perché se non ricordo
male negli ultimi vent'anni al potere in Italia c'è stato anche qualcun altro.
O mi sbaglio?".
Sono le 17.30, siamo alle porte di Asti e il camper si
ferma qualche istante per far salire a bordo una pimpante consigliera regionale
del Pd (Angela Motta) che con Berruti e Ballaré accompagnerà Renzi al teatro
Alfieri. I tre-insieme con alcune delle molte ragazze della squadra di Renzi
che in questi giorni hanno accompagnato il sindaco su e giù per l'Italia
(Simona Bonafè, 39 anni, responsabile dell'organizzazione del tour; Maria Elena
Boschi, 31 anni, responsabile coordinamento dei circoli; Silvia Pasquini, 39
anni, addetto stampa), fanno un piccolo briefing per inquadrare i temi da affrontare
ad Asti. Dieci minuti, il tempo di arrivare di fronte al teatro, scendere dal
camper, passare in mezzo a un fiume di curiosi (e forse di elettori) e
accompagnare il sindaco sul palco del teatro più importante della città. Teatro
pieno, come piena era Vercelli e come piena sarà più tardi Genova: molte
persone in piedi, nessun posto libero, circa trecento signori ad ascoltar fuori
dall'ingresso e forze dell'ordine mobilitate per evitare un eccessivo
affollamento sui palchetti del teatro. La formula di Renzi, quella dei suoi
comizi, è piuttosto collaudata e segue un format che si differenzia da città a
città solo per alcune piccole sfumature. Il succo, le battute e i video sono
quasi sempre gli stessi (Crozza che imita Renzi, lo scontrino fiscale di "Cetto
La Qualunque", la scena del pallone da basket di Will Smith nel film
"La ricerca della felicità", il Massimo Troisi del "Ricordati
che devi morire", il discorso di Obama su Christina, la bambina nata l' 11
settembre 2001 e morta nella sparatoria di Tucson del 2011) ma la formula piace
e ha successo. Il comizio dura tra l'ora e l'ora e mezza, il pubblico cambia a
seconda degli orari (molti giovani la mattina e la sera, più anziani nel primo
pomeriggio, più cinquantenni intorno all'ora dell'aperitivo) ma i passaggi che
eccitano di più le platee e che generano più applausi sono sempre gli stessi.
Dieci in particolare. Primo: "In tutti questi anni i nostri partiti di
sinistra hanno cambiato ogni tipo di simbolo e deforestato mezza
Italia-quercia, ulivo, margherita-ma i nomi di chi guida i partiti sono sempre
quelli: sempre gli stessi". Secondo: "I politici non possono
intervenire sulle pensioni mantenendo i loro vitalizi". Terzo:
"Dobbiamo dire stop al finanziamento pubblico ai partiti. E non ci dite
che questa è anti politica, perché l'anti politica è quella di chi vede i
risultati di un referendum e li ignora dando ai cittadini il sentimento di
impotenza". Quarto: "Dobbiamo rendere il fisco più semplice e più
chiaro. E tutto ci? che verrà raccolto dall'evasione noi promettiamo che lo
utilizzeremo per la riduzione del carico fiscale". Quinto: "Ma con
quale coraggio una certa sinistra pu? dire di essere il partito del lavoro? Con
quale coraggio si pu? dire di aver difeso il lavoro in questi anni se meno di una
donna su due oggi ha un posto di lavoro e se le donne devono ancora scegliere
tra la loro professione e la loro maternità?". Sesto: "Finché verrà
premiato nel mondo del lavoro il sistema del dover conoscere qualcuno e non del
dover conoscere qualcosa non andremo da nessuna parte". Settimo:
"Mandare Curiosity su Marte è costato alla Nasa meno soldi di quanto è
costato all'Anas costruire la Salerno Reggio Calabria". Ottavo:
"Svelo un segreto ai miei amici del Pd: se non portiamo con noi i delusi
del centrodestra guardate che le elezioni le perdiamo di nuovo". Nono:
"Questo paese lo hanno fatto le maestre delle scuole elementari".
Decimo: "Ricordiamoci sempre di essere l'Italia e di essere portatori sani
di bellezza e non portatori di calamità". Sono le 20.30, Renzi conclude il
suo comizio ad Asti (c'erano anche qui molte bandiere del Pd), esce dal teatro,
incrocia alcuni amici, stringe alcune mani (anche quella di un vecchio
partigiano di Asti che dice a Renzi: "Matteo ti chiedo una sola cosa: fai
quello che abbiamo fatto noi, cambia l'Italia! "), abbraccia alcuni
ragazzi ("Matteo! Fino a ieri ero del Pdl! Grazie! Grazie! Grazie di
essere qui! "), firma alcuni autografi, scrive alcune dediche, ringrazia
Giorgio Faletti (che è di Asti, che era a teatro e che voterà per Renzi) poi
sguscia via lungo un vicolo che separa il teatro dal camper, sale le scalette,
si toglie la camicia, addenta una barretta di cioccolato fondente racchiusa in
un involucro con su scritto "Da rottamazione a riscatto. Orgoglio made in
Italy. Per Renzi con Cuore (di cacao)", poggia la testa sul tavolo, si
appisola per un paio di minuti, poi si risveglia, chiede alle ragazze (ponendo
una domanda quasi senza punto interrogativo) "sono andato bene no",
quindi si rivolge al cronista e chiede dove eravamo rimasti.
Renzi per tutto il giorno ha sempre evitato nei suoi
comizi, nelle chiacchiere e nelle interviste di nominare i nomi dei rottamandi
ed è sempre stato attento a scandire ogni parola con l'idea di spiegare ai suoi
interlocutori che adesso il suo obiettivo è rottamare non più alcuni politici
bensì un preciso modo di fare politica. Ha fatto così per tutto il giorno ma a
fine giornata il sindaco si convince e prova a spiegare qualcosa di più su ci?
che lo differenzia dal vero politico che Renzi, per forza di cose, cerca di
rottamare: Pier Luigi Bersani. "Io - dice Renzi a dorso nudo con piccole
tracce di dentifricio schizzate qua e là sulla faccia e sul resto del corpo -
voglio che le primarie siano una grande festa con molte persone e milioni di
elettori, e se queste regole ostacoleranno questo processo sarà una sconfitta
non per Renzi ma per tutto il partito. E non è che parlo di regole perché sono
capriccioso: lo faccio per fare un favore al Pd, a tutto il centrosinistra, e
non si capisce perché il mio partito non debba stare dalla parte di chi sogna
di avere più elettori possibili alle primarie. Detto questo dice Renzi
sedendosi sul divanetto di fronte a un tavolino di legno e osservando
rassegnato le patatine e i biscotti muoversi ormai disordinatamente lungo il
pavimento del camper confondendosi con i carica batterie, le scarpe, i calzini,
le penne, gli appunti e briciole varie che fluttuano qua e là sotto i
tavolini-la verità è che io mi sento alternativo a Bersani perché credo di
avere tre qualità che il mio segretario non ha. Qualcosa che va oltre i
programmi e oltre i contenuti e qualcosa che mi piace sintetizzare con tre
parole: entusiasmo, realtà, libertà". Renzi, mentre inizia ripetutamente a
stropicciarsi gli occhi e a distendere le gambe sulla poltroncina di fianco
alla sua, si spiega meglio e spiega le tre parole. "Entusiasmo perché
credo che pochi politici siano in grado di generare le stesse emozioni che ho
creato io in questi giorni in giro per l'Italia. Realtà perché io faccio il
sindaco, vivo in mezzo alla gente, governo una città, so quali sono i problemi
del paese e ho anche dimostrato di saper trovare delle soluzioni concrete per
combattere la crisi e dare una speranza ai cittadini. Infine, la libertà.
Libertà nel senso che io a differenza di Bersani non devo rispondere a nessun
equilibrio e a nessuna corrente: ci sono io, ci sono le mie idee, ci sono i
miei ragazzi, c'è la mia squadra e non c'è nessuna oligarchia a cui io debba
dare conto per spiegare perché faccio una cosa invece che un'altra. Non mi pare
poco, no?". Renzi si blocca un attimo, si alza, si cambia i pantaloni,
tira fuori dall'armadietto di fronte al bagno una camicia bianca, addenta
un'altra manciata di patatine- "oddio se mi vede Farinetti! "-e poco
prima di andare a dormire, e prepararsi per Genova (tutto esaurito anche lì,
2.000 persone, 300 persone rimaste fuori), si lascia andare e azzarda un
pronostico. "La campagna è ancora lunga-dice Renzi-e io sono convinto di
vincere, anche se vedo che provano a mettermi in tutti i modi i bastoni in
mezzo alle ruote. Oggi, se dovessi fare il bookmaker, direi che Bersani ha il
50 per cento di possibilità, Vendola il 10 e io il 40. Ma se le cose vanno come
devono andare e se superiamo bene questa settimana e se alle primarie
riusciremo a portare più di 3 milioni e mezzo di elettori io sono convinto che
possiamo farcela e che possiamo vincere. Manca un mese, sì, c'è ancora tempo:
ma vi assicuro che io credo ancora che non sia davvero possibile fermare il
vento con le mani".
25 Ottobre 2012
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